Omelia per l’ordinazione diaconale di don Davide Campeggiani

24-04-2021

Omelia per l’Ordinazione Diaconale di don Davide Campeggiani
Montepulciano 24 aprile 2021

La Parola ascoltata dagli Atti degli Apostoli si apre e si chiude con la consolante constatazione che lo Spirito Santo vivifica incessantemente la Chiesa: all’inciso iniziale – aumentando il numero dei discepoli – fa riscontro l’osservazione conclusiva dove l’azione dello Spirito sembra diventata ancora più ricca: il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente e anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

Ma dove c’è abbondanza di grazia inevitabilmente arriva il nemico a seminare zizzania e a spargere il suo veleno. Sorge infatti un problema tra i fratelli di lingua greca con quelli di lingua ebraica. Problema che non è tanto la differenza linguistica o un difetto organizzativo, quanto la mormorazione stessa, qui indicata con il vocabolo che in altri luoghi del NT è usato per indicare i sobillatori (Cf.: Giuda v. 16), “sobillare” (goggusmoj – gogghismos – letteralmente una lamentela fatta a bassa voce) – da “sibilare” (fischiare nell’orecchio), ha un carattere serpentino – significa istigare all’ostilità, a fare il male: il Divisore entra in azione, tentando di mortificare lo Spirito santo proprio nel suo dono più caro: la comunione ecclesiale. È quanto mai opportuno, quando riceviamo un dono da Dio, ricordare le sagge parole del Siracide:

Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla prova.
Sta’ unito a lui senza separartene…affidati a lui ed egli ti aiuterà; (Sir 2,1ss)

La Chiesa ha il suo modo proprio di affrontare le crisi: i Dodici, abbiamo ascoltato, convocarono il gruppo dei discepoli. È la convocazione, l’epifania della ekklesìa, la risposta alla crisi, dove la Chiesa prende consapevolezza di sé, rientra in se stessa trovando – in se stessa – immancabilmente il suo Sposo fedele, a prendersi cura di lei con la creatività del suo amore potente. Così la crisi non soltanto è superata ma si trasforma perfino in ulteriore evento di grazia. Essa provoca infatti una nuova effusione dello Spirito: presentarono i sette scelti agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.

E lo Spirito moltiplica i suoi doni a edificazione e ornamento della Chiesa, vari e differenti fra di loro, pur non nuocendo alla sua unità, anzi rafforzandola, come abbiamo ascoltato nella lettera ai Romani: abbiamo diversi doni secondo la grazia data a ciascuno perché siamo membra gli uni degli altri.

La crescita e la santificazione della Chiesa è la ragione di ogni dono di Dio, è la ragione del tuo diaconato, caro Davide. La Chiesa ti ha generato figlio di Dio, si è presa cura di te e ti ha cresciuto: cominciando dalla tua famiglia, che ti ha trasmesso la fede, poi la comunità della parrocchia San Pio X a Roma, le catechiste: Claudia Campeggiani, che ti ha preparato alla prima comunione, Elena Rossetti e Antonella Gionta che ti hanno accompagnato alla cresima.  È nella Chiesa che si è manifestata la tua vocazione ed è per il suo amore materno che si è potuta sviluppare: per la cura del tuo parroco don Paolo Tammi, che, oltre tutto, ti ha accompagnato nel Seminario Romano Minore, dei superiori del seminario minore di Roma e del seminario maggiore di Firenze che ringraziamo, come pure ringraziamo i 5 parroci che ti hanno seguito nel fine settimana nella nostra diocesi. Ed oggi la tua vocazione appare in tutta la sua verità di essere dono per la Chiesa e per il mondo. Infatti i doni che Dio ha preparato per la sua Chiesa passano attraverso il dono che i suoi servi fanno di sé stessi a Dio. Perché questo flusso di grazia possa proseguire spedito in questa traiettoria, da Dio, fonte di ogni dono, al suo popolo, senza che si inceppi nelle nostre fragilità, molto ci aiuta la considerazione di quanto siamo personalmente beneficati.

Perciò ti invito Davide a mantenere sempre viva in te la memoria del dono che oggi Dio fa a te, per te. Accade, infatti, che coloro che sono scelti per distribuire la grazia che serve alla santificazione del popolo di Dio, finiscano per essere personalmente arricchiti oltre misura a causa del bene che Dio vuole fare alla sua Chiesa, cosicché non avrebbero potuto ritrovarsi così beneficati in altro modo. Pertanto il dono che ricevi oggi   è grande. Vorrei evidenziarne due aspetti. Primo: si tratta di una nuova effusione dello Spirito sulla tua persona. Per servire gli altri, infatti, è necessario essere liberi dal proprio ego, che tende, ripiegato su sé stesso, a volgere tutto verso la propria gratificazione, negandoci la gioia del servire. Solo con l’aiuto dello Spirito ci possiamo liberarci dal nostro io, vera causa di ogni nostra tristezza.

Il Paraclito, alleggerendoci da questa zavorra, ci fa agili e disinteressati nel fare il bene. I suoi doni saranno conosciuti come provenienti da Lui e potranno così suscitare gratitudine e lode a Dio quanto più l’amministratore assomiglierà al donatore. E questo è l’altro aspetto del dono che oggi ricevi: la grazia di conformarti a Cristo, tuo Signore. Lo abbiamo ascoltato dalla Parola del Vangelo: il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire ma per servire. Gesù ha assunto la forma di servo (Cf.: Fil 2). Lasciamo per un momento la teologia dei gradi del sacramento dell’ordine e le varie gerarchie per fermarci a contemplare il mistero: cosa esprime di Dio il diaconato? L’aver Lui assunto la condizione di servo il che ha qualcosa a che fare evidentemente con il mistero delle relazioni intratrinitarie.

Oggi ti viene fatto il dono, caro Davide, di essere partecipe di tale condizione, ti viene aperta una via mistica, che ti introduce, se vorrai, nella conoscenza intima dei segreti di Dio. Tanto più penetrerai in questo mistero attraverso la concretezza del servire e la contemplazione nella preghiera, quanto più il tuo Signore ti chiamerà non servo ma amico (Cf.: Gv 15,15).  È il desiderio che mi hai espresso nella lettera di richiesta del diaconato: di conformare a Cristo servo la tua vita. Ciò esige che tu ami il Signore con tutte le tue forze.

C’è infatti una sola via che ci fa simili a Gesù Signore: amare. L’amore rende simili, unisce, conforma. Desidero infine affidare questo tuo percorso in particolare al Santo, figlio di questa Chiesa, di cui celebriamo in questo anno il 4° centenario dalla morte: San Roberto Bellarmino, un esempio meraviglioso di servitore del popolo di Dio, un campione di umiltà e di carità. La sua intercessione ti custodisca nella grazia di Dio. Amen