Omelia del Vescovo Stefano per la Santa Messa di Natale

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“Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia.”

Sostiamo a contemplare i primissimi gesti della neo mamma, Maria, Madre di Dio, che ha appena partorito:
Lo avvolse in fasce: contempliamo la sua materna premura per il neonato, fa freddo, mancano gli infissi, ci sono gli spifferi, è notte. Questo “avvolgere” non riguarda soltanto le fasce, che evidentemente Maria ha preso con sé lasciando Nazaret, sapendo che  era entrata nel nono mese di gravidanza quando è dovuta partire per l’ordine di Cesare. C’è anche tutto l’affetto di Maria ad avvolgere il Bambino, e anche quello di Giuseppe, che si sarà dato da fare per accendere un fuoco, costruire un riparo. C’è l’amore di questi santi a scaldare il Bambino Gesù, c’è il petto di Maria, le sue guance, le sue mani, i suoi baci, la sua anima ardente di fede, di carità, di lode, di preghiera. Poi il secondo gesto: lo pose in una mangiatoia, una culla arrangiata alla meno peggio, rialzata un po’ dal suolo che non doveva essere proprio pulito, come non lo è quello di una stalla, e ha la paglia che può fare da guanciale e riparare dal freddo. Questo gesto della Santa Vergine in questa notte si carica per noi di un particolare significato simbolico. Il termine “mangiatoia” infatti si riferisce alla greppia, che è la rastrelliera, un poco sopraelevata rispetto alla mangiatoia vera e propria, in cui si mette il fieno o la paglia che serve da cibo per gli animali (buoi o cavalli) e che, per estensione viene usato per indicare la mangiatoia stessa. Ci stiamo preparando infatti al Congresso Eucaristico, stiamo mettendo al centro della nostra attenzione il Sacramento dell’Eucaristia e il giorno del Signore e della Comunità in cui la si celebra solennemente la Carità che ci unisce. La nostra diocesi vede pertanto in questo gesto un simbolo dell’Eucaristia, che è il Pane vivo che discende dal cielo e che dà la vita al mondo (Gv 6,33), il dono di Dio per la Chiesa e per l’umanità. Gesù Bambino nella mangiatoia sembra già dire: chi viene a me non avrà fame (6,35) perché io sono il Pane vivo disceso dal cielo, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (6,51).

Grande è il dono di questa notte: è nato per noi il Salvatore. Lo celebriamo con solennità, con cuore grato, con lo stupore della fede. Ma ancora più grande stupore suscita in noi il fatto che questo Salvatore, Signore e Dio nato per noi, per noi si è fatto pane, ed è qui, vivo e vero, a darsi totalmente nel pane eucaristico per formare una sola cosa con ciascuno di noi. Questo stupore del cuore è lo scopo del nostro cammino eucaristico, perché solo la fede può farci provare tale stupore e così questo cammino ci fa crescere e irrobustire nella fede.

E intanto possiamo raccogliere una perla, o pietra preziosa, da questo immenso tesoro che è l’Eucaristia, guardando la Santa Madre Maria. Ella depone il suo Gesù nella mangiatoia. L’istinto di una mamma è di stringere il bambino a sé. Maria sembra voglia farci capire che fin dall’inizio della sua maternità Ella sapeva il destino del suo Figlio, secondo il disegno di Dio Padre: donarsi all’umanità nel sacrificio ultimo salvifico. Pane donato per essere mangiato, così che all’umanità sia restituita quella vita eterna che l’invidioso gli aveva fatto perdere. Maria è figura della Chiesa che in ogni tempo offre Gesù Salvatore come cibo di Vita nella Messa.

Maria dunque la contempliamo stanotte come donna eucaristica, che non tiene gelosamente per sé il Dono ma lo offre e lo condivide con noi. Sublime carità! In questa luce partecipare alla Messa significa decidere di essere trasformati dall’amore. Si fa la comunione per crescere nella nostra capacità di amare.

“La mentalità odierna tende a considerare la fede come fenomeno intimistico e individuale senza alcuna influenza sulla realtà sociale. La fede invece genera necessariamente comunità, ponendo le persone in una particolare relazione fra di loro. Per questo le nostre comunità che ogni domenica celebrano l’eucaristia costituiscono nuclei efficaci di trasformazione sociale. Esse, celebrando il sacrificio di Cristo, assimilano e coltivano il suo stile di vita e il suo pensiero, sintetizzati nel gesto eucaristico dello spezzare il pane, in cui si afferma il valore del dono di sé e della condivisione dei beni, forza plasmatrice di una società più giusta. Nello spezzare il pane eucaristico “è espresso anche il condividere, il trasmettere il nostro amore agli altri. La dimensione sociale non è un’appendice morale che si aggiunge all’eucaristia, ma è parte di essa” (Benedetto XVI, omelia del 6.02.2011). “Attraverso i segni sacramentali del pane e del calice condivisi, la Chiesa proclama davanti al mondo, in nome di Dio, il dovere di condividere i beni della terra e di spezzare il pane con chi ha fame”. (Lettera Pastorale).

Per questo  l’omicron lo possiamo interpretare come segno per rimproverarci di esserci dimenticati di condividere i vaccini con l’Africa  (dove la variante si è formata) che adesso sono scaduti e li buttiamo via.